Covid: nel 2020 -30% di fallimenti, ma nei tribunali ci sono ancora 77mila procedure pendenti

23/04/2021

Qual è stato l’impatto dell’emergenza sanitaria sui tribunali fallimentari? L’osservatorio Cherry Sea, realizzato dalla startup fintech Cherry srl, mostra come nel 2020 si sia assistito a un drastico calo dei fallimenti, diminuiti di oltre il 30%: in particolare sono state aperte “solo” 7500 nuove procedure (l’anno precedente se ne erano registrate 11.000), con un calo concentrato in particolare nel periodo compreso tra marzo e giugno 2020, durante il quale i tribunali, chiusi causa lockdown, hanno aperto 1379 pratiche, circa il 75% in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. L’osservatorio, che analizza dati provenienti dai portali del Ministero della Giustizia, mostra come d’altra parte lo scorso anno i 140 tribunali fallimentari italiani non siano stati in grado di ridurre lo stock di procedure pendenti, che rimane molto alto: sono 77mila le pratiche che giacciono ancora nei cassetti, appena il 7% in meno del dato di fine 2019 (83mila).

Tra i 20 tribunali più attivi, che nel 2020 hanno accolto complessivamente il 50% del totale delle nuove procedure, Milano e Roma, primo e secondo tribunale d’Italia per numero di pratiche aperte, hanno registrato rispettivamente 665 e 458 fallimenti, con un calo del 35% e del 49% rispetto ai dati del 2019. Il tribunale che, invece, presenta la minor variazione percentuale, è Padova, dove nel 2020 sono state iscritte 162 procedure, il 12% in meno dell’anno precedente. Tuttavia, la pandemia ha impattato profondamente sull’efficienza dei tribunali e infatti solo tre tra i venti presi in esame sono riusciti a chiudere nel 2020 più procedimenti di quanti ne avessero conclusi l’anno precedente: Verona, Catania e Padova hanno definito rispettivamente il 40%, il 30% e il 4% di procedure in più rispetto al 2019, mentre Treviso e Bergamo si sono mantenuti sugli standard passati. Mediamente nel 2020 i tribunali italiani hanno chiuso rispetto all’anno precedente oltre il 10% in meno delle pratiche, con gli estremi di Monza (-40%), Torino (-35%) e Genova (-32%).

Tra i tribunali che hanno ridotto in percentuale minore il proprio stock di procedure, ci sono Monza, Cagliari e Bari, che hanno alleggerito di appena il 2% il carico dei pendenti, nonostante una diminuzione di nuove procedure quantificabile tra il -35% e il -45%. Le performance migliori, invece, sono state registrate da Palermo, Treviso e Modena, che hanno sfruttato l’opportunità delle minori procedure in entrata (circa il 25% in meno) per ridurre i propri stock di una percentuale compresa tra il 14 e il 13%. Modena, inoltre, è il tribunale italiano con il minor numero di procedure pendenti (762), preceduto solo da Genova (722), mentre gli stock più consistenti persistono a Roma e Milano, che ad oggi presentano rispettivamente 4905 e 4788 pratiche ferme (diminuite in entrambi i casi del 5% rispetto al 2019).

Una situazione che rischia di influire sui tempi della giustizia di alcuni tribunali. Utilizzando la metrica del Disposition Time (DT), che misura il tempo necessario per smaltire i procedimenti pendenti alla fine di un dato anno, mediamente oggi i primi venti tribunali italiani necessitano di un tempo pari a 5,77 anni per smaltire il proprio stock, valore in leggero aumento rispetto a quello del 2019 (5,33). Rispetto al 2019, tuttavia, hanno diminuito il proprio DT solo 8 tribunali tra i primi 20, con Verona in particolare che ha “velocizzato” i suoi tempi di oltre il 30% (da 7,21 a 4,74). Tra i tribunali che invece hanno reagito meno efficacemente alla pandemia c’è Monza, il cui DT nell’ultimo anno è aumentato di oltre il 60%, da 5 a 8,17 anni.

«La pandemia ha avuto un impatto determinante sulle procedure fallimentari – osserva Giovanni Bossi, founder di Cherry srl – da un lato le moratorie hanno permesso di “congelare” alcuni fallimenti, dall’altro il lockdown e la conseguente chiusura dei tribunali non hanno permesso di alleggerire il carico di procedure che grava sul sistema. Se, sulla base di quanto proposto nel Def dal Consiglio dei Ministri, la scadenza delle moratorie sarà prorogata a fine anno, è auspicabile che in questi mesi si possano velocizzare le procedure. Altrimenti, una volta venuti meno gli strumenti di sostegno, i tribunali si troveranno ad affrontare un’improvvisa ondata di nuovi fallimenti, le cui dimensioni non sono ancora emerse in tutta la loro evidenza».

 

DI SEGUITO NELLA SEZIONE ALLEGATI IL COMUNICATO STAMPA INTEGRALE E LE INFOGRAFICHE DELL’OSSERVATORIO

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Cherry Sea, l'impatto del Covid sulla giustizia falimentare italiana (1) Comunicato Stampa Scarica
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